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Investigatore

Io come scrittore

L'investigatore Glauco in: Un caso di corna.

Era tardi. Ma ancora un momentino. Mi rigirai nel letto gustando un filamento di sogno. Riuscii ad acchiapparlo, ma si era fatto sbiadito. Sognavo di liberare i miei canarini, uno giallo e uno arancione, perché nel sogno mi davano illusione di libertà. Li vidi svolazzare in alto, stavano vicini e andarono a deporsi sopra un ramo del grosso platano che avevo di fronte. Ma avevo sbagliato. Come si sarebbero procacciati da mangiare? Il sogno diluiva con la realtà e allora cercai in fretta di riempirmi le tasche di soldi, quelli che stavanoo sul tavolo. Non ne spiegavo la provenienza ma c'erano. Erano davvero tanti, e mentre li acchiappavo alla rinfusa e riempivo le tasche, sentii il telefono suonare.
«Pronto è lei Glauco de Cesari l'investigatore?» Rimasi sdraiato e prima di rispondere controllai le tasche del pigiama. I quattrini si erano dileguati.
«Sì sono io, mi dica». Guardai l'orologio, segnava le nove e mezza. Avevo bisogno di un caffè. La serata era stata dura, avevo fatto le ore piccole.
«Mia moglie, mia moglie mi tradisce». Dovevo togliere il mio numero di telefono dalla pubblicità, e lasciare solamente quello dell'ufficio.
«Si, va bene, venga nel mio ufficio oggi alle quindici, ci sarà il mio aiutante. Lasci una foto della sua signora e compili il modulo che le verrà dato dal mio assistente. Io arriverò alle quindici e trenta». Chiamai Gilberto, il mio assistente e l'avvertii, sempre stando supino nel letto.
«Oggi alle quindici dovrebbe arrivare un cliente».
«Dovrebbe? Perché usi il condizionale capo?» Non gli badai. Ero irritato di mio per via che le mie tasche erano vuote senza quattrini. Doveva esserci un sistema per portarsi le cose materiali dai sogni alla realtà, magari era semplice. Se risolvevo il quesito, risolvevo anche tutti i miei problemi futuri; ero convinto che i soldi fanno la felicità. Coi soldi potevi avere tutte le donne che volevi. Con pochi soldi invece poche donne ma forse nessuna. Mi rigirai e affondai la testa nel cuscino. Dovevo alzarmi, dovevo agire, farmi la barba e bere il caffè. Contai fino al dieci, funziona sempre, ma non con me. Con me funziona diversamente. Contai allora fino al quindici. Al quindici venni su come un orso tibetano dal letargo. Richiamai Gilberto.
«Mi raccomando non farti scappare il cliente». Chiusi la comunicazione prima che potesse ribattere. C'era la cucina da rassettare. Sul tavolo regnava il caos. La sera prima mi ero portato una puttana a casa e le avevo dato duecento euro, una slava di non so dove ma non era importante. Questa donna parlava un bizzarro italiano e a modo suo era intelligente. Se l'avessi richiamata, mi avrebbe fatto tariffa scontata. Sistemai velocemente la cucin e andai in bagno a occhi chiusi; la strada era sempre quella. La puttana aveva un nome: Billy. Billy era un nome maschile e per di più inglese, ma a lei andava così. Praticamente avevo fatto sesso con una donna dal nome ambiguo. Mi feci la barba a secco, non avevo voglia di spalmarmi la schiuma. Mi diedi una lavata veloce e tornai in camera. Dovevo sbrigare delle pratiche dall'avvocato perché avevo scoperto a distanza di anni che la pratica del divorzio, il mio, era ferma da qualche parte, forse smarrita. Bisognava trovarla e darle una spinta. Coi quattrini
Alle quindici e trenta in punto ero in ufficio e il cornuto mi attendeva con ansia. Era un tipo magro e nervoso. Castano, stempiato e portava gli occhiali. Naso grosso, occhi castani, non stava fermo. Portava un abito marrone intonato alla cravatta e la cravatta intonata all'abito. La sua faccia invece era intonata alla vaghezza degli orizzonti idioti.
«Buongiorno, eccomi puntuale. Lei è il signor?... ».
«Giosuè, mi chiamo Giosuè Coretto». Giosuè Coretto mi tese la mano e strinse la mia in maniera molla, calda e sudata; sembrava di stringere una medusa. Guardai Gilberto che era lì impalato che guardava il vuoto. Sbadigliai come un animale nell'ora della siesta.
«Ha portato la foto di sua moglie?»
«Certo, ce l'ha il suo assistente e ho riempito anche il modulo». Chiesi a Gilberto di porgermi il modulo ma quello era assorto in chissà quali pensieri. Aveva sonno. Lo strattonai.
«Gilberto sveglia, dammi la foto che ha portato il signore e anche il documento compilato. Fagli firmare anche il contratto standard». Il contratto standard prevedeva: pedinamento, appostamento, fotografie possibilmente compromettenti e ricerca di altre eventuali prove magari chiacchierando vagamente con persone che entrassero in contatto con il soggetto indagato. Col mio assistente bisognava aver pazienza, non era il massimo dell'intelligenza, ma nella vita c'è di peggio. C'è chi ha le piattole e non riesce a liberarsene. La moglie era un magnifico esemplare femminile, pensai avesse ceduto alla corte di un tizio in gamba e ora il marito se la piangeva.
«Bene signor Giosuè, lasci cinquecento euro di anticipo al mio assistente, io non ho altro da chiederle. Vedo che nel modulo c'è tutto su sua moglie: lavoro, abitudini, amicizie. Le farò sapere gli sviluppi in settimana». Volli sganciarmi al più presto da Giosuè mano-di-medusa, mi trasmetteva un vago turbamento. Quell'uomo rappresentava il trionfo della mediocrità e nella mia infinita ignoranza credevo fosse contagioso. Poi mi guardò negli occhi, i suoi non stavano fermi ballavano muovendosi da destra a sinistra e viceversa, e sbavavano. Mano-di-medusa aveva gli occhi che si scioglievano.
«Cosa dice, ne verrò a capo di questa situazione? Io spererei non avesse un amante. Sa, io amo mia moglie ma comunque sarei disposto anche a perdonarla».
«Sì, ne verrà a capo non si preoccupi». Quando quegli occhi si fossero acquietati, l'avrebbe riconquistata, non avevo dubbi.
Che percentuale c'è di risolvere questo caso?»
Signor Coretto, io risolvo sempre i casi che mi vengono assegnati». Giosuè mi ringraziò e volle stringermi di nuovo la mano. Malvolentieri strinsi di nuovo quella massa di medusa umida. Mi diressi velocemente alla toilette mentre con la coda dell'occhio vedevo il cornuto porgere le cinquecento fialette d'ossigeno a Gilberto. Quest'ultimo non si accorse di nulla delle mediocrità di Giosuè, non lo intaccava minimamente. Gilberto prese i soldi e ringraziò. Io mi sciacquai le mani schifato. Pensai che in certi casi andava applicato un sovraprezzo.
Pisciai bene. Anni addietro il dottore mi disse che col raschiamento della prostata il getto sarebbe divenuto un idrante, ma tacque dell'effetto sulle prestazioni sessuali. Uscii dal bagno e andai a sedermi dietro la scrivania. Gilberto mi riporse il documento dove erano riportate le notizie sulla signora Coretto, Silvia Coretto. Lo lessi attentamente: questa donna aveva una vita molto attiva: la mattina si alzava alle nove, faceva una colazione abbondante e andava in palestra rimanendovi fino a mezzogiorno. Poi si recava al centro commerciale per il pranzo e gironzolava quindi per i negozi della galleria in cerca di un capo di abbigliamento che la distraesse dalla depressione. Nel pomeriggio era a scuola di recitazione e canto che la impegnava per un paio d'ore. Infine in biblioteca a leggere o studiare non si sa cosa ma il marito sospettava leggesse degli scritti sulle teorie eretiche di un santone di fine secolo scorso. Finito tutto questo, andava a casa giusto per cambiarsi e prendere la borsa con il necessario per frequentare un corso di tango argentino. Arrivava a casa molto tardi perché si intratteneva nella sala da ballo per danzare tutto ciò che aveva imparato negli ultimi due anni. Col marito non c'era nessun rapporto fisico e infatti dormivano da tempo separati ma Giosuè ne era comunque follemente innamorato, gli bastava bearsi della sua sporadica presenza; beninteso però che se non era sua, non doveva essere di nessun altro. Tutto questo come detto, lo appresi dalle note che comparivano sul modulo alla voce: varie ed eventuali. Gilberto teneva ancora il gruzzolo in mano, gli dissi di passarmelo e di dare una ripulita all'ambiente. Poi il telefono squillò.
«Si pronto!»
«Ciao cosa fai di bello?»
«Chi parla?»
«Ma come non mi riconosci?» Io l'avevo sì riconosciuta, il suo parlare era inconfondibile.
«Ma sì, ciao Billy, che fai sei sveglia? Pensavo dormissi tutto il giorno».
«Sono in centro, in piazza Ferretto e sto mangiando un gelato. Che dici ci vieni che ti aspetto?» S'erano fatte le sedici e mezza e tutto sommato potevo svagarmi un paio d'ore.
«Ok ci vengo bellezza, ma mi muovo in scooter, lo sai il parcheggio... ».
«Ti aspetto, fai presto». Salutai Gilberto che lavava i vetri della finestra alitandoci sopra e togliendo anche i puntini microscopici con l'unghia dell'indice dalla mano destra; non che fosse necessario, ma questo lo teneva occupato.
Billy era di aspetto piacevole altrimenti non ci sarei andato a letto. Noi uomini arriviamo a pagare per trombare, specie se vale la pena, ci siamo capiti. Alta un metro e settanta, mora, naso un po' a punta all'insù, occhi verdi e labbra sottili. Seno abbondante e culo a mandolino; insomma sua madre aveva fatto un buon lavoro. Peccato facesse la puttana, ma d'altronde non lo fosse stata, mai avrei avuto la maniera di portarmela a letto.
Quando arrivai lei mi sorrise. Sicuramente ora non ero il cliente ma l'amico, e forse era una fregatura.
«Ciao Glauco, spero di non averti disturbato».
«No,no non preoccuparti, ci son venuto volentieri».
«Non noti niente?»
«Non so, cosa dovrei notare?»
«Le scarpe, sono nuove».
«Ah sì, interessanti». Le scarpe erano interessanti, ma non ne ero troppo convinto. Forse per uno che se ne intendeva sarebbero state argomento di conversazione, ma per me, alieno ignorante, erano semplicemente un paio di scarpe col tacco alto.
«Costano parecchio, le ho comprate coi tuoi soldi».
«Bene, così ti ricorderai di me ogni volta che le indosserai».
«Cosa vuoi dire che non ci vedremo più?» La slava fece occhi tondi ed esprimevano delusione. Era persino carina, cioè, carina lo era di già, diciamo più carina. Billy aveva sui trenta anni, altro non sapevo e neppure era necessario sapere.
«Non so ma penso di si. Devi sapere che non sono ricco e con te mi sono tolto un capriccio». Prese a guardarmi delusa, le si formarono degli archetti sulla fronte e tacque. Anche le puttane dell'est hanno un cuore e ne provai conferma in seguito.
«Ma posso sedermi?»
«Sì, sì, mettiti comodo. Cos'hai fatto stamattina di interessante?»
«Niente di eccezionale, ho lavorato».
«Raccontami, un cliente nuovo?»
«Sì, lo sai ti ho raccontato che mestiere faccio. Il cliente l'ho soprannominato il cornuto». Raccontai tutto a Billy dando anche le generalità della signora Coretto e ciò mi rilassò e lei si dimostrò attenta e critica. Nel suo paese di origine, la Serbia, ce n'erano anche lì di cornuti.
«Che dici, ci sarà mai un mondo migliore?»
«Migliore di questo intendi?»
«Si esattamente».
«Beh, cos'ha che non va? A volte tutto sommato vale la pena viverci, basta non pretendere la luna. Tu la pretendi?»
«Cosa?»
«La luna cioè basta non pretendere troppo».
«Io non pretendo nessuna luna ma mi basterebbe un pezzetto di questa terra, un angoletto tutto mio. Che dici ci riuscirò?» Billy aveva preso a cantilenare, senz'altro un retaggio di quand'era piccola e poi, dondolava una gamba e si sporgeva verso me. Io che con me stesso ci vivevo bene, provai un moto di infelicità, durò poco ma mi destabilizzò. Esaminai questa cosa e pensai mi ci volesse qualcuno afferrato come il vecchio Sigmund per farlo bene. Bisognava analizzare il mio iceberg sommerso che lavorava in discordanza col mio conscio. Fatto sta che in quel momento in Billy ci vidi la somma delle mie necessità, compresa la piccola componente materna. Billy era carina e giovane e abbordabile, ma era una puttana, non dovevo scordarlo.
«Ci riuscirai, cambia mestiere e trovati un pollo da spennare, gli strumenti te li porti addosso appiccicati».
«Sei uno stronzo ma mi sto affezionando a te».
«Non ti conviene, sono un troglodita».
«Pensi di esserlo, comunque se vuoi ti do una mano nel tuo lavoro, di giorno sono libera».
«Ti andrebbe di fare degli appostamenti?»
«Si, mi andrebbe».
«Bene, vestiti in maniera poco appariscente e domattina vai in piazza Donatori di sangue, c'è una palestra. Davanti all'edificio ci sono anche delle panchine, starai comoda».
«Ok a che ora?»
«Vacci a mezzogiorno. Quando vedi uscire la tizia della quale ti ho mostrato la foto, avvisami».
«D”accordo. Posso dormire da te stasera?»
«Da me? E quanto mi costi?» Billy sorrise e non rispose. Poi si alzò in tutta la sua freschezza e pronunciò:
«Ora vado, arrivo da te stasera alle dieci. Ti ho lasciato un caffè pagato, ciao bell'uomo».
Rimasi ancora un po', chiamai il cameriere e mi feci portare il caffè. Telefonai poi a Gilberto per sapere se ci fossero novità, rispose che era stato lì un signore anziano che chiedeva di trovargli Nuvola che era sparito. Chiesi chi fosse Nuvola e Gilberto rispose che era un gatto.

Alle ore ventidue in punto arrivò Billy, cenammo come due vecchi amici e finito di mangiare prese dalla borsa una bottiglia di vino dolce e la tracannammo tutta. Questo ci sciolse la lingua.
«Questa donna, Silvia, perché pensi tradisca il marito?»
«Non lo so, forse perché lui è impotente».
«Forse invece perché non le dà quello di cui lei ha bisogno».
«E di cosa avrebbe bisogno?»
«Non so, dolcezza, attenzione».
«Sì d'accordo ma queste cavolate bisogna essere capaci di esprimerle».
«Appunto, lui non sa esprimerle».
«E tu che ne sai?»
«Beh lo so e basta».
«Ah giusto, spiegazione logica». Ci infilammo sotto le stesse coperte e approfondimmo vari concetti. Billy era una specialista in questo. La mattina quando mi svegliai ero solo, ma non ne rimasi sorpreso. Erano le dieci, chiamai Gilberto.
«Ciao Gil, novità?»
«Si, capo, è venuto un prete, dice che gli son spariti due canarini e sospetta due suore che a parer suo ce l'hanno con lui. Vuole che indaghiamo per incastrarle».
«Incastrare chi?»
«Le suore».
Uscii e mi trovai sul cofano dell'auto un grosso gatto che dormiva. Stavo per cacciarlo quando notai che portava il collare con una targhetta con scritto un nome: Nuvola. Lo presi in braccio che continuava a dormire. Non avevo una gabbia e quindi lo poggiai sul sedile posteriore. Nuvola ronfava imperterrito. Mi recai in ufficio col gatto in braccio. Quando Gil mi vide sgranò gli occhi e pronunciò:
«E quello chi è capo?»
«E' Nuvola, caso risolto. Chiama il proprietario e fallo venire con centocinquanta euro poi telefona al prete e domanda di che colore sono i canarini spariti». Andai a sedermi dietro la scrivania e aprii un cassetto. Presi il documento che certificava il permesso di esercitare la mia professione e me lo misi in tasca. Mi alzai e raccomandai Gilberto di tenermi al corrente di tutte le chiamate. Salutai e uscii. Avevo in testa delle idee ma tutte da sviluppare. Aspettavo conferma. Mi recai al bar per un caffè, persi tempo e infine a mezzogiorno andai in piazza Donatori di Sangue. Non visto dominavo l'ingresso e aspettai poco. La femme fatale uscì sculettando recando a tracolla la borsa sportiva. Era lei, la riconoscevo dalle labbra. Notevoli. Billy le si fece incontro e come supposi, si abbracciarono come due vecchie amiche. Si avviarono a braccetto al bar e scattai loro qualche foto. Aspettai un po' ma non vedendole uscire, mi avvicinai alla vetrata e gettai un'occhiata all'interno. Le due donne erano sedute al tavolo e pranzavano. Nei piatti c'erano toast e pizzette. Mi allontanai e tornai a casa. Eravamo in giugno e il sole era in piena forma; picchiava duro. Chiamò Gil.
«Capo, è passato l'uomo anziano e gli ho dato Nuvola. Era talmente felice che mi ha mollato euro duecento».
«Bene ottimo, metti in cassa. I cinquanta extra tienili tu. Magari vai a donne».
«Perché?»
« Perché cosa?»
«Andare a donne, in che senso?»
«Mettili in tasca e comprati una tuta spaziale».
«Ma non mi serve, ne ho già una». Interruppi la comunicazione, avevo fame ma forse non troppa. Presi due uova e me le feci al tegamino. Billy pranzava con Silvia Coretto, si conoscevano, si erano persino abbracciate; ok le donne lo fanno e gli uomini si stringono la mano. Forse Billy avrebbe dovuto stringerle la mano e dire piacere, sono incaricata da un'agenzia investigativa, potrebbe rispondere a qualche domanda? Ma forse tra donne si tramutava appunto in un abbraccio e di un pranzo assieme. In quel mentre chiamò Billy
«Ciao bell'uomo».
«Ciao Billy, puoi farmi un rapporto?»
«Certo, ai tuoi ordini. La signora Silvia è uscita di palestra alle dodici e quindici, l'ho seguita, è montata in macchina e io dietro a seguirla. Si è recata, come da notizie riportate sul modulo compilato dal marito, al centro commerciale le Porte di Mestre. Anche lì l'ho seguita, ma fino ad ora è rimasta sola».
«Grazie mi basta».
«Ciao bell'uomo. Ho preso una pausa dal lavoro e stanotte sarò ancora tua». Le risposi frettolosamente e corsi veloce a togliere le uova dal fuoco che cominciavano a bruciarsi. Presi a riflettere e meccanicamente preparai il tutto per cominciare a mangiare. Le uova erano uno schifo. Billy mentiva spudoratamente. Perché? Cos'aveva in mente? Forse sapeva che la spiavo e aveva voluto spiazzarmi con quell'atteggiamento stravagante. Ma Silvia sembrava compiacente nei suoi confronti. Valle a capire le donne...
Quando sul tardi arrivò la slava, era sorridente e nulla tradiva con la sua espressione. Io nel frattempo mi ero seduto sul divano e tenevo in mano un libro che raccontava del tenente Kojak. Lei mi si sedette accanto, mi prese il libro di mano e lo gettò sulla poltrona. Poi mi ripetè che aveva seguito la signora Silvia al centro commerciale. Ma si era fatto tardi e dopo mezz'ora aveva dovuto andar via per certi suoi impegni che io potevo ben immaginare. Mentre si chinava a raccogliere qualcosa dal pavimento, esclamò:
«Se vuoi domani posso appostarmi ancora».
«Hai fame?»
«Si, ma ho portato due pizze».
«Senti, hai per caso visto volare in cielo due canarini?»
«Due canarini? Di che colore?»
«Uno giallo e l'altro arancione».
«Sai, vedo volare merli e colombi e a volte strani volatili non so se corvi o cornacchie».
«Cornacchie».
«Cornacchie? Ma i maschi cioè i corvi non ci sono?»
«No, non ci sono ma ci sono le cornacchie maschi e femmine».
«Ah capito. Apri la bocca». La aprii e Billy ci ficcò un grosso pezzo di pizza con il pomodoro che colava.
«Attenta mi sporchi». Subito prese uno Scottex e lo strofinò sul punto della maglia che si era unto.
«Che dici ci sarà un mondo migliore?»
«Me lo hai già chiesto ieri non ricordi?»
«Si, ricordo di avertelo chiesto ma non rammento la risposta».
«La ricordo io. Cos'ha che non va questo mondo? D'altronde mi è comodo: trombo e mangio la pizza gratis». Billy sgranò gli occhi, rimise la pizza a terra e girandosi verso di me prese a tempestarmi di pugni il petto.
«Ehi, ehi, mi fai male. Cos'ho mai detto di sbagliato?» Lei smise di picchiare, vacillò, mi guardò fisso negli occhi ed in quell'istante la vidi bellissima, e mi sentii pervaso da una sensazione di sicurezza come se avessi improvvisamente cambiato pelle. Io distolsi lo sguardo, non ero abituato che una bella gnocca mi guardasse in quella maniera, e lei d'improvviso mi abbracciò stretto, un abbraccio disperato e prese a baciarmi il collo.
«Mi piaci Glauco, mi piaci tanto». Alzò la mano fino a pormela in testa, prese quindi a passarmi le dita tra i pochi capelli che mi erano rimasti; la sua fragranza mi penetrò dentro come un magico fluido. Questa donna che mi stava addosso, era uno strano enigma. E non era di facile interpretazione.
«Ma tu fai la puttana, come pretendi che ti prenda sul serio?» Billy ritrasse subito la mano dal mio capo e la passò sull'altra come a mondarsi del ricordo del tatto e mi guardò disorientata. Poi improvvisamente si alzò e corse via. Io tenevo la mano a coprirmi la faccia come a compatirmi e non vidi dove andò. Ma cosa pretendeva, che mi innamorassi di lei? Come potevo affrontare la vita sapendo che si infilava nel letto di altri uomini? Per me lei era uno scherzo, un piacere effimero destinato a sparire. Passati pochi minuti, ricomparve:
«Devo parlarti, devo rivelarti alcune cose».
«Non è necessario, ora voglio dormire, mi parlerai domani». Docilmente prese le pizze da terra, le ripose nel forno spento e vestita mi seguì in camera. Io mi lavai i denti, misi il pigiama e mi coricai. Billy passò tutta la notte come detto vestita, accoccolata vicino a me come a cercare protezione. Quando prese sonno, non emetteva il minimo rumore e io mosso a compassione, le baciai la fronte e la coprii, così com'era, con la coperta.
La mattina mi svegliai alle otto e lei naturalmente non c'era. Però in cucina trovai preparato per la colazione: brioche, succo d'arancia e caffettiera sul fornello. Mi feci il caffè e il resto lo lasciai lì. Mi preparai e uscii a fare jogging cercando di non pensare a nulla. Mi fermai solo al bar per un altro caffè, tornai a casa e feci la doccia. Venne veloce mezzogiorno e mi recai davanti alla palestra. Mi nascosi e vidi Billy seduta alla stessa panchina del giorno prima. Quando uscì Silvia, le due si infilarono nel medesimo bar e pranzarono. Passata una mezz'ora montarono nella macchina di Silvia e partirono. Le seguii in maniera discreta fino alle Porte di Mestre. Dopo un'ora e mezza ero di ritorno. Chiamai Gil e gli dissi di convocare per le quindici e trenta il signor Coretto. C'erano ancora la brioche e il succo d'arancia; mangiai e andai a farmi un pisolino. Dormii un'ora poi mi recai in stamperia e poi in ufficio. Il signor Coretto arrivò puntuale e mi tese la mano.
«Salve, ci sono novità?» Gliela strinsi e ritrassi velocemente la mia mano che subì un risucchio dalla sua facendo Slop!
«Tenga, è tutto. Lasci il saldo di euro cinquecento, il caso è risolto». Giosuè-mano-di-medusa guardò attentamente le foto che gli avevo sporto ed esclamò:
«Ma... ma è una donna, mia moglie mi tradisce con una donna. Stento a crederci».
Le foto erano impietose, illustravano bene gli atteggiamenti equivoci: Silvia e Billy mentre passeggiavano tranquillamente mano nella mano. Poi sempre mentre camminavano, si erano scambiate un bel bacio che io avevo immortalato. Non c'erano dubbi, era Billy l'amante.
Giosuè pagò il saldo e divertito esclamò:
«Oh beh, se mi tradisce con una donna, non è un gran malanno. Non c'è attributo fallico di mezzo quindi neppure penetrazione. La cosa è perdonabile». Detto questo Giosuè sparì ma mi rimase impresso ancora per un po' quello slop!
«Capo, ha chiamato il prete, ha detto che le suore, pentite, hanno riportato i canarini».
«Oh bene. Mi raccomando sempre vigile e attento. A proposito come li hai poi spesi quei cinquanta euro?»
«Ho comprato una tuta spaziale».
«Ma non ce l'avevi già una tuta spaziale?»
«No capo, quella che ho in verità è di mio fratello».
«Ciao Gilberto».
Gilberto era un'anima pura. Io invece no, e dovevo pagare il conto e ne ero certo che la vita me lo stava presentando, un conto salato gravato dagli interessi. Era il mio turno e sapevo bene a cosa andavo incontro. Si era messo a piovere ma non me ne accorgevo. Non vedevo nulla, non sentivo nulla. Avevo in testa lei, la desideravo, stavo male per la gelosia. La mia dannazione era lei. Ero perdutamente innamorato di una puttana con un'amante donna, una puttana che entrava e usciva dalla mia vita a suo piacimento; ero innamorato di una donna che non riuscivo a guardare negli occhi, ed ero condannato ad amare senza la forza di dirle TI AMO.

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